Visualizzazione post con etichetta scrittura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta scrittura. Mostra tutti i post

venerdì 4 luglio 2025

Oden delle rune a novembre!

Pare che il fantasy viva un momento di interesse da parte del pubblico. Così, con l'editore abbiamo deciso di far slittare la ripubblicazione di Codex Gilgamesh e Codename Flora per dare spazio al fantasy che scrissi ormai otto anni fa: Oden delle rune. Il romanzo mischia leggende nordiche e greche e le ambienta tra Danimarca e Finlandia nel periodo turbolento che nel nord Europa vide il passaggio dalle comunità matriarcali a quelle patriarcali e unisce storia e magia in una narrazione cruda e violenta. Stiamo valutando l'opportunità di consigliarne la lettura a un pubblico adulto. Ho visto le bozze della copertina è sono spettacolari. L'editing è previsto a settembre, l'uscita a novembre.

Nel frattempo che faccio? A parte ricontrollare minuziosamente i prossimi Codex, sto finendo la nuova stesura de Il sigillo del Vento, perché sarà ripubblicato come gli steampunk e sto terminando Gli eletti di Yul, il dieselfantasy cui sono particolarmente affezionato.

A presto!

domenica 16 febbraio 2025

Libro itinerante - Parte I

Mesi fa Codex Innsmouth si è trasformato in un “libro itinerante”. Un gruppo di accanite lettrici, Sara, Francesca, Alice, Sara, Hilary, Elisa, Sabrina, Beatrice, Paola e Monica, ha affrontato gli orrori ucronici della cittadina di Innsmouth. Riavere tra le mani il libro che si sono passate, con i loro commenti, è stato a dir poco esaltante! Ho avuto il privilegio e il piacere di scoprire praticamente in tempo diretto le reazioni delle lettrici agli eventi che avevo descritto, nonché l’interazione tra loro (a distanza e attraverso gli appunti sulle pagine).


Ringrazio ancora le infaticabili lettrici per tutte le informazioni che mi hanno dato, soprattutto nel “Quaderno” (di cui parlerò magari in un altro post, perché merita).

venerdì 24 dicembre 2021

Pensieri contorti

A volte si deve ricominciare. La tua vita ha imboccato una strada, voluta o meno, ma capita che si riveli sbagliata o sbarrata, o qualunque altra cosa. A volte capitano nuove occasioni, a volte no e si cambia strada e si ricomincia. Verso che cosa non saprei dirlo, per ora quello che so è che occorre camminare. Fermarsi, certo, riposare, impegnarsi, pensare che sia importante l’arrivo oppure la partenza, oppure soltanto il viaggio.

Sembra un bilancio di fine anno, esattamente ciò che odio fare.

Dunwich ha chiuso (un grandissimo in “bocca al lupo” a Mauro, che merita più di quanto il destino gli abbia riservato) e il mio editore non era soltanto il mio Piano A, era anche il mio Piano B. Era laddove si concentravano i miei sforzi maggiori se escludiamo Plesio, dove tutto va a gonfie vele (un saluto e un grazie a Giordana). I miei progetti editoriali per Codex e quelli per una nuova edizione della saga fantasy dei Sigilli erano naufragati senza speranza. Erano. Perché a volte capita che alle sfortune inattese seguano fortune altrettante inattese. E che il sentiero sbarrato si riapra.

Sono stato contattato da un editore che vuole ripubblicarmi tutto e pubblicarmi in futuro. Si tratta di un piccolo editore ambizioso ed entusiasta che ripartirebbe da zero con nuove copertine, nuovo editing, eccetera, sia per lo steampunk che per il fantasy. È tutto pianificato, devo solo firmare il contratto, dopodiché ufficializerò la cosa. Sono galvanizzato e felice. Ma c’è un ma. Temporale, ma pure sempre un ma e non riguarda solo me, riguarda i miei lettori (e penso a chi brama di leggere Codex Cleopatra e mi scrive per avere novità). Come avrete già intuito l’editore non prenderà tutto e lo pubblicherà subito ma farà uscire i romanzi un poco alla volta. Sono in quella situazione tipica de “il gioco dell’oca” quando un’infida casella vi riporta all’inizio. Uscirà un’opera, poi un po’ di tempo, poi un’altra e così via. Perderò anni, potrei concludere; ma considerando che è una seconda opportunità, invece, forse questi anni li guadagnerò.

Quando uscirà Codex Cleopatra, quindi? Lo so che è la domanda principale che si pongono i pochi che mi leggono. La serie iniziata con Codex Gilgamesh vedrà nuova luce in ordine cronologico e quindi si comincerà con un rinnovato e ampliato Codex Innsmouth + Codename Nokken. Il romanzo breve con Buffalo Bill e Bisonte Seduto è piaciuto ma qualcuno lo ha trovato troppo corto e in alcuni tratti sbrigativo (il che ci sta: doveva essere un racconto lungo). Ho fatto tesoro delle critiche e ho aggiunto alla narrazione parti che non tolgono/cambiano nulla e mostrano piccole cose che invece erano state soltanto dette (creando anche nuova tensione narrativa, cosa che non guasta mai). Questo lavoro ha portato le battute da 280 mila a 340 mila. Dopo verrà il turno di Codex Merrymaid + Codename Nemesi, quindi di Codex Cleopatra e infine di Codex Gilgamesh + Codename Spring-heeled Jack. E poi dei fantasy e del seguito di quest’ultimo. Le indicazioni temporali sono inizio 2023 per il primo, poi ogni sei mesi. Sì, avete letto bene.

Ora avete capito cosa intendessi per “ricominciare”.

Ma non disperate. A marzo 2022, quindi a breve, uscirà L’ira di Ares e sarà disponibile la seconda edizione de L’ira di Demetra (per quei cattivoni che non l’hanno letto) con nuove e accattivanti copertine (ma quel che conta in ogni opera a mio avviso è la storia).

Nel frattempo, potreste ridere un po’ con Demotivare – Manuale di sopraffazione aziendale. Oppure potreste leggere Il crepuscolo degli Eccelsi, che rimane l'opera che preferisco anche se solo in digitale.

Buone feste a tutti.

venerdì 30 aprile 2021

Demotivare - la copertina!

Avevo preannunciato qualche tempo fa che un saggio semiserio di sociologia del lavoro era piaciuto all'agenzia letteraria Saper Scrivere, che l'ha piazzato. La copertina proposta dall'editore Homo Scrivens è pronta:

 

La sinossi è la seguente:

Tore André Maelström, docente di Sociologia del lavoro a Cambridge, è contattato dall'amico Gelderico per essere istruito sull'arte della demotivazione, per "disfarsi" legalmente di un collaboratore molto valido che non può licenziare. Il professore, esperto di Motivazione, ha qualche remora, ma accetta la sfida e realizza un manuale tecnico con le istruzioni necessarie a demotivare una generica risorsa umana, illustrando alcuni principi di Meritocrazia e Incompetenza, con esempi pratici sul come rovinare il piacere di lavorare ai sottoposti, fino a spiegare la ragione per cui risulti moralmente accettabile demotivare un lavoratore capace.

Volendo, i più impavidi lo travano già da prenotare, qui.

A presto.

PS: Codex Cleopatra sta per essere terminato.

 

martedì 26 gennaio 2021

I figli di Ares - sprint

 

 

Siamo alle battute finali, mancano metà capitolo e la scena del duello tra Enomao e Pelope. E dopo? Dopo il solito destino delle opere: un mese di stop dove mi concentrarò su altro, poi rilettura e sistemazione dei refusi e lavoro di affinamento stilistico e quindi il passaggio (per la prima volta) ad alcuni beta-reader di fiducia che mi diranno cosa ne pensano. Dopo sasrà pronto per la consegna all'editore.

A presto.

lunedì 30 novembre 2020

Codename: Nemesi

Mi è stato chiesto di scrivere un racconto spin-off di Codex Merrymaid per inserirlo in una raccolta o in solitaria come Codename: Jumpin-Jack. Avevo molte scelte. Potevo buttarmi sul Capitano Nemo, su Whipple Van Buren Phillips, su Loftus, su Carnacki, sui Cacciatori, su Sherlock Holmes, sulla Templare che ha passato informazioni a Sir Wilbur Yates. Insomma, avevo un sacco di opzioni. Mi sono lasciato trasportare da una recensione privata giuntami da alcuni lettori che hanno sottolineato come abbia avuto il coraggio e l’originalità di presentare l’investigatore più famoso di Inghilterra (e del mondo) sotto una luce più umana e meno artefatta, andando a ridefinire un personaggio il cui carattere era stato forse troppo adeguato ai gusti dell’epoca e quindi più vicino a ciò che avrebbe dovuto essere rispetto a ciò che in effetti sarebbe stato. Ne è uscito Codename: Nemesi, un racconto di quarantamila battute che uscirà presto (spero).
Nel frattempo, proseguono i lavori su I figli di Ares e sulla nuova entrata, Codex Cleopatra che avrà la particolarità di seguire il destino della mummia dell’ultimo faraone d’Egitto e quindi l’intrecciarsi delle vicende di più personaggi. E tutti gli altri progetti in cantiere? Stoppati e in attesa, come sempre. Vedrà mai la luce il romanzo su Merlino e re Artù? E quello su Odino (che peraltro è già consegnato da mesi)? Speriamo che il Natale porti regali.

giovedì 29 ottobre 2020

I sigilli estinti

 Il Sigillo del Vento e Il Sigillo della Terra non sono più in catalogo presso l'editore. Cosa significa? Significa che la vostra fame di fantasy non potrà essere saziata (a meno che non troviate degli store o delle librerie che ne hanno ancora delle copie). L'esclusione dal catalogo ha portato alla rescissione del contratto e i diritti sono tornati a me. Il Sigillo del Fuoco è ancora ordinabile sia in cartaceo che in digitale. Cosa fare dei primi due capitolli della mia trilogia (in molti chiedevano il quarto, ma questo è un altro discorso)? La mia idea era quella di piazzarli su YouCanPrint come il terzo in modo che risultino sempre disponibili per il download e per il print-on-demand. Perché non l'ho ancora fatto, quindi? Perché ho intenzioine di rieditare Il Sigillo del Vento, riposizionando un intero capitolo che faceva da flash-back e trasformandolo nell'Antefatto e ritoccando lo stile. L'operazione che intendo fare sul capitolo non è proprio leggera e richiede tempo che non ho (adesso), la stessa operazione di snellimento dello stile che non dovrà essere invasiva per lasciare l'opera 2.0 il più possibile simile all'originale. Vorrei vivere solo di scrittura ma non posso. Rimane una passione da svolgere nei ritagli di tempo nonostante le soddisfazioni che mi porta. Il Sigillo della Terra invece riceverà soltanto una correzione dei pochi refusi. Ma è da mettere nel pianodei lavori che adesso è tutto impegnato da I figli di Ares.

A presto

venerdì 25 settembre 2020

I figli di Ares

Mi sono (parzialmente) arenato. Terminato l'arrivo di Pelope da suo fratello Lido, non ho trovaot stimoli per proseguire. E allora ho aggirato il blocco. Ho cominciato a scrivere dopo, molto dopo l'avvenimento e a buttare in mezzo altri personaggi con le loro sotto-trame e le loro vicende umane. Questo non ha sbloccato quella parte di trama ma sto procedendo su altri fronti e quando verrà il momento, gli eventi si cuciranno da soli. Mi è già capitato di non aver idee riguardo allo svolgersi naturale degli eventi ma non era mai durato tanto tempo. Me ne farò una ragione. Ho poi scoperto una cosa curiosa nella lista dei sovrani mitici della Meonia perché la sequenza "storica" accertata sarebbe: Iardano, Tmolo, Tantalo, Lido. Dopo Lido verrebbe Agrone, figlio di Nino, nipote di Belo, pronipote di Alceo, figlio di Eracle. Ma i figli di Onfale avuti da Eracle erano Agelao, Lamo e Laomedonte. Agrone sembrerebbe dominare dal 1221 a.C. quindi molto tempo dopo Lido. Quindi prima deve esserci stato un po' di trambusto nella Lidia. Forse ad opera di Ilo, fondatore di Troia che venne combattuto (senza esito) da Pelope? Vedremo cosa estrarrò dal cilindro. Per ora proseguo con il tratteggiare ciò che riesco. Poi vedremo.

Non voglio cambiare progetto anche se il romanzo arturiano mi provoca e mi incalza...

venerdì 11 settembre 2020

Scossa

Vivo di scosse. Non so se sia un bene o un male, ma sembra essere così. Capita che mi getti in un progetto con entusiasmo e passione e che poi, pian piano, tutto scemi nell’apatia e nell’incertezza. Poi arriva una scossa, qualcosa che ti rinfocola passione e accende tutte le lucine della creatività. Un po’ come una sinusoide con i suoi alti e bassi (prevedibili o meno).

Ormai non so più perché tengo questo blog. È una vetrina? È un’occasione di sfogo? È creatività sotto altri punti di vista? È un messaggio in una bottiglia, è il grido solitario e liberatorio di una fiera? Non ne ho più idea. Il lavoro, la famiglia, le incombenze, gli eventi più o meno tragici che colpiscono un individuo o tutti quanti alterano la mia percezione di cosa è necessario e cosa non lo è e fino ad adesso aggiornare il blog non era necessario. Erano più importanti altre attività, tra le quali terminare uno o due romanzi e scriverne altri, perso nei labirinti della fantasia a notte fonda in compagnia di un whiskey. Calma piatta insomma. Poi una scossa. Un commento. Uno dei rari commenti. Non è che tenga un blog per intavolare discussioni, questo si era capito. Ma quel commento, quell’attimo perso da qualcuno per farmi sapere che laggiù, nell’etere cosmico del mondo della lettura questo qualcuno ha avuto piacere non solo a leggere qualcosa di mio ma addirittura ha recuperato parte di ciò che ho già scritto (e che, attenzione, non è passato e finito perché “vecchio”) mi ha dato la scossa.

Questa è la copertina di Codex Merrymaid.

 


 

Qui trovate il link per il sito dell’editore. Lo trovate anche nei soliti store. Potrei annoiarvi con la trama, le idee eccetera ma l’ho già fatto in passato e trovate tutto in rete. C’è anche una recensione, qui, e pare che il romanzo sia piaciuto.

Ora sto scrivendo il seguito del L’ira di Demetra, e ha già cambiato titolo e diventerà I figli di Ares. Metà è già scritto. Volevo finirlo entro la fine dell’anno ma non so se ce la farò. Ma forse questa scossa mi ha dato nuova energia.

Ho sempre vari cantieri aperti e non so se riuscirò a chiuderli ma ci spero. Altri due romanzi (uno è la prima parte di un progetto a puntate) potrebbero arrivare al traguardo a breve. Vi terrò informati. Magari un po’ più spesso visto che c’è qualcuno che legge.

A presto e grazie.

lunedì 13 agosto 2018

Romanzo storico su Artù?


Chiamatemi Taliesin.
Quelli come me portavano il nome di Druidi e vissero quando gli uomini erano lupi per i loro simili; essi portarono le leggi sulla nostra isola, al tempo remoto dei Sidhe, dell’Annwn e di Gwyn Ap Nudd, quando due sconosciuti che incrociavano le proprie strade si scontravano e uno soltanto viveva. Quel mondo cadde schiacciato dai calzari degli invasori di Roma, che presero a battere il Caos sino a forgiare il loro Ordine; essi costruirono città, strade, templi, mura ciclopiche come confini. E sterminarono i Druidi. Ma ogni cosa passa, come le acque del grande fiume Afon Hafren che attraversa la nostra terra di Teyrnllwg e, infine, come per i Druidi, giunse anche il tempo della caduta di Roma e degli Dei Antichi.

martedì 12 giugno 2018

San Michele e i migranti


Sei in giardino che poti la siepe. Quando capita ti allunghi ed estirpi un'erbaccia. E mentre ripulisci il giardino si aggrovigliano idee e soluzioni per risolvere questo drammatico problema dell'immigrazione. Non che sia tuo compito farlo ma i pensieri corrono liberi e i rimandi a questi disperati che cercano fortuna lontano dalla loro terra si fanno pressanti. E a quel punto arriva la soluzione. Dal cielo. Letteralmente. A una spanna da te atterra un cherubino. Con la bionda chioma riccia e fluente e le impressionanti ali bianche. Sorride.
«Sono San Michele Arcangelo e ti ho scelto per risolvere il problema dei migranti» ti fa con voce musicale.
Tu ti sbigottisci e, senza dire una sola parola, estrai il cellulare dai pantaloni e ti fai un selfie con lui.
San Michele si mette in posa poi ti gela mentre ricontrolli le foto.
«Sono come i vampiri, non vengo in fotografia e non mi vedo allo specchio.»
Tu sbuffi e riponi il cellulare, lui ricomincia.
«Dicevo che ho scelto te per risolvere il problema dei migranti.»
Tu torni sul pezzo e annuisci. «Mi hai scelto per la mia caratura morale? Per la mia fede cristallina? Per la mia vivace intelligenza?»
«Ti ho scelto perché sei l'unico a usare il termine flamberga per descrivere la mia spada.»
«Ah.»
Ti porge uno scettro di legno e ti catechizza. «Con questo scettro toccherai la testa di coloro che te lo chiederanno e accadrà il miracolo: verrà trasportato dove desidera, gli verrà creato un documento valido e assegnati una casa e un lavoro.»
Tu non ci credi e lo guardi stralunato. San Michele ti rifila una pacca sulla spalla che quasi ti capovolge. «Vai, che aspetti? Solo un miracolo può sistemare le cose.»
Prima che possa chiedere altre spiegazioni, l’arcangelo decolla e scompare tra le nubi. Tu allora deglutisci e ti assumi le responsabilità di ciò che deve accadere. Fai il pieno alla macchina e parti, diretto a sud, verso uno dei porti degli sbarchi. Riesci a farti ascoltare dalle autorità, affronti i paradossi della burocrazia, eviti l’arresto per un pelo e alla fine riesci a dimostrare il potere dello scettro, facendo scomparire un disperato appena arrivato. Si scatena l’euforia. Un funzionario entusiasta di fa accompagnare da una scorta armata sino al porto, dove sono stati affastellati gli ultimi disperati portati dal mare.
Ti guardano tutti con un misto di ammirazione, timore, invidia e diffidenza. Tu serri lo scettro e ti avvicini agli altri uomini appena approdati. Gli chiedi dove vorrebbe andare, dove sogna di vivere. Lui sussurra una località impronunciabile del Nord Europa, gli sfiori la fronte e questo scompare lasciando uno sbuffo di polvere scintillante.
L’euforia contagia la massa, frenata a stento dai soldati. Tu continui con la tua missione e, uno a uno, fai scomparire tutti i migranti. Tutta la prima ondata, perché dal mare giunge una nuova ondata di gommoni tratti in salvo da una carretta del mare che il Mediterraneo ha risparmiato.
Rifiati e vieni raggiunto da una ragazza carina che indossa una divisa color kaki, giubbetto arancione fosforescente e occhiali da sole.
«Cosa fa di preciso quella bacchetta?»
«Scettro. Lo scettro manda chi colpisco nel luogo dove vuole andare. Gli fornisce un documento valido, un luogo dove vivere e un lavoro.»
«Quindi se un immigrato vuole andare a Monaco di Baviera si concentra e compare là?»
«Esatto.»
«Si concentra sulle isole Fiji e si ritrova in riva al mare.»
«Esatto.»
«Con una casa e un lavoro?»
«Sì, esatto.»
«Ma il lavoro è a tempo indeterminato? Rispetta i minimi sindacali? Apre una posizione pensionistica?» insiste l’operatrice.
Tu sbotti. «Me lo ha dato San Michele, mica la Camusso.»
Guardate entrambi la nuova fila di immigrati appena sbarcati. Lei non sembra capire che non hai voglia di parlare.
«Sai, io ho laurea in Scienze delle Comunicazioni. Con il massimo dei voti.»
Annuisci, senza badare troppo a quel che dice. Lei continua.
«Ho cercato lavoro ma ho trovato solo un posto da centralinista in un call-center. Mi pagavano 800 euro al mese. I primi tre li ho fatti lavorando gratis, come stage, dopo mi assumevano e mi licenziavano, mi riassumevano e mi licenziavano di nuovo. Poi hanno trasferito tutto in Moldavia e non mi hanno riassunta più. Ora faccio l’operatrice sociale.»
«Vedo. Ti pagheranno meglio, immagino.»
«Mi danno il rimborso spese, solo questo» ti regala un sorriso infelice. «Vorrei farmi una famiglia ma il mio moroso fa i turni e stiamo pagando il mutuo della casa. Mio papà aveva una piccola azienda che lavorava per il Comune. Il Comune ha smesso di pagare ma lo Stato pretendeva ugualmente il pagamento delle tasse, le tasse su un lavoro non pagato. È fallito. Aveva sette dipendenti.»
I vostri sguardi si intrecciano. Capisci davvero cosa pensa quando scatta verso di te, afferra lo scettro e se lo picchia in testa.
La donna scompare, come accaduto a tutti gli altri migranti, lasciando uno sbuffo argentino che svanisce luccicando.
Hai un attimo di sbandamento, poi ti accorgi che tutti gli altri operatori hanno visto cosa è accaduto. E capiscono. In un attimo sei sommerso dagli italiani, che prendono a testate lo scettro e scompaiono. Poi arrivano i migranti, un fiume umano che si aggiunge all’altro. Una marea di persone che scappa. Uomini e donne che si accalcano su ti te sino a soffocarti, scomparendo uno dopo l’altro.
Ti ritrovi a terra, sudato, con il fiato corto, ma hai spazio e l’aria fresca del mare giunge a recarti nuovo sollievo.
Ti rialzi e scopri il porto deserto. I gommoni dondolano, schiaffeggiati dalle onde. I mezzi di assistenza e del personale sono abbandonati. Le bandiere e i gabbiani garriscono.
Senti delle voci e vedi altri militari e il personale dell’accoglienza che corrono verso di te.
Il funzionario che gestisce la situazione ti prende sottobraccio e ti racconta che ciò che stai facendo è stato comunicato ai politici che contano, a Roma. Ti dice che stanno preparando una legge. Che il potere che ti è stato dato forse è troppo per un uomo solo. Ti dice che non è corretto spedire tutti dove desiderano senza domandare il permesso agli altri Stati, senza chiedere un centesimo, senza pensare alle conseguenze. Ti dice che il tuo miracolo sta compromettendo accordi, contratti, affari. Che arriverà anche qualcuno dal Vaticano, che c’era un giro economico attorno alla gestione dei migranti, che hai pestato i piedi a qualcuno e che adesso ti serve protezione.
Pensi alla tua vita, buttata per colpa di un miracolo. Pensi alla tua nuova vita, grazie a un miracolo. E ridi, stringi lo scettro e te lo appoggi alla fronte.

giovedì 29 settembre 2016

Codename Nøkken in cartaceo!

Bene, niente panico.
Molti miei lettori preferiscono il cartaceo. Dunwich li ha accontentati: Codex Innsmouth esce in cartaceo. Qui il link di Amazon ma lo trovate in tutte le principali librerie digitali. Dentro, nel libro, troverete due storie. Nel cartaceo esce infatti anche il racconto breve Codename Nøkken, che si trova anche da solo (ma solo in digitale). Qui trovate una recensione di Codename Nøkken, la segnalo perché mi ha appassionato parecchio.
Se tutto va bene il 26 novembre presenterò il cartaceo alla Misckatonic University di Reggio Emilia.
Nel frattempo io e Marco siamo al lavoro su un'opera che ci permetta di sfruttare la prelazione del Gruppo GeMS per le nostre opere e stiamo scrivendo un thriller storico. E, sempre nel frattempo (ovvero quando l'ora si fa tarda) sto terminando Codex Merrymaid, che oramai è arrivato a 300.000 mila battute, più o meno la metà di Codex Gilgamesh. Non male per quello che doveva essere un racconto. D'altronde, la nascita della coppia Bryan-Eudora meritava un onesto spazio.
Ci si legge.

martedì 9 agosto 2016

Il sigillo del vento torna a colpire

Scrivere è un mestiere pericoloso. Posso chiamarlo mestiere? Non ci vivo, di scrittura, e conosco davvero poche persone che campano soltanto con le loro opere. Non so nemmeno se definirmi scrittore. Scrivo racconti, scrivo romanzi e mi tolgo qualche soddisfazione, quindi forse sì, posso definirmi uno scrittore. In questo momento sono perso dietro tanti, forse troppi progetti, e i momenti di scoramento sono superiori alle soddisfazioni (pubblico con piccoli editori e nonostante il loro impegno non facciamo le vendite che mi permetterebbero di mollare il lavoro e darmi completamente alla scrittura): ho più volte pensato di "appendere la penna al chiodo" ma puntualmente, proprio lì, proprio quando i dubbi si facevano più forti, ecco che arrivava una soddisfazione capace di riprendermi, di spronarmi, di darmi quella carica necessaria a farmi continuare.
Quella di cui voglio parlarvi è una di queste occasioni. E parlerò di una persona, di Daniela.
Daniela è una studentessa messicana. Studia in Italia, all'Università di Bologna e un anno fa esatto mi contatta perché ha un'idea per la sua tesi: vuole tradurre in spagnolo qualche capitolo de Il sigillo del vento. Io subito penso a uno scherzo. Lo giuro. Poi, dopo uno scambio di mail le comunico che non ci sono problemi e che sono entusiasta dell'iniziativa. Poi non sento più nulla e la cosa passa nel dimenticatoio (e torno a pensare allo scherzo). Ma il tempo mi smentisce e Daniela si laurea, a marzo, con una tesi di traduzione su Il sigillo del vento. Io me ne sono accorto adesso e mi è venuto il magone.
Qui trovate il link della sua tesi. Forse nel leggerla non proverete le emozioni che ho provato io ma potrete capire come mi sono sentito.
E via, si torna a scrivere.

lunedì 12 maggio 2014

ioScrittore - facciamo le somme, per ridere

Ci sono cascato, anche quest'anno.
Ho partecipato al Torneo letterario ioScrittore della MauriSpagnol, anche quest'anno.
Per chi non lo conoscesse è un torneo dove il tuo romanzo viene valutato dagli altri che fanno valutare il proprio romanzo (e quindi chi partecipa svolge il lavoro di lettura e valutazione). In trecento passano la prima fase (lettura dell'incipit, una breve porzione del romanzo) e il vincitore ottiene un contratto.
Quindi, dicevo, anche stavolta ci sono cascato. E ho ripresentato l'opera che ho scritto a quattro mani con Marco; "male che vada troveremo altre cose da sistemare", questo era il motivo.
Ora, c'è un pregresso, nel senso che questa opera, La Tela, era già stata presentata due anni fa e aveva riscontrato in quella occasione, voti tra loro discordanti: per alcuni lettori era un capolavoro per altri era illeggibile. Nessuno dei lettori di due anni fa (e il lettori sono di solito 15) e ripeto nessuno di quei lettori mi aveva segnalato un punto preciso dove c'era qualcosa che non andava (cosa invece fatta da quelli "nuovi"). Sì, non ci crederete, anche chi l'aveva bocciata non ti diceva dove. Uno dei giudizi, forse il più bello di sempre, di due anni fa era un 4.67 motivato così "non si scherza con la religione". S-P-L-E-N-D-I-D-O. 
Bene, quindi? Quindi quest'anno ho ripresentato la stessa opera, UGUALE a quella d due anni fa. Risultato? La Tela non ha passato il primo turno (come due anni fa).
Ci sono però tre notizie positive.
La prima è che chi l'ha bocciata mi ha detto finalmente cosa non andava.
La seconda è che la media dei voti è superiore a quella di due anni fa, il che mi fa brillare in mente l'idea che non conta soltanto come scrivi ma chi ti legge.
La terza è che farò qui di seguito una critica alle critiche. Un po' per divertirmi, un po' per spiegare quali lavori farò sulla trama.
Si può criticare la critica? Ebbene, il mio ragionamento parte dal seguente punto: il lettore ha sempre ragione. Quindi se uno ti dice che l'opera fa schivo, fa schifo. E se un altro lettore ti dice che è un capolavoro? Allora è un capolavoro. Può essere un opera uno schifo e un capolavoro contemporaneamente? NO. Quindi il punto di partenza è sbagliato: il lettore non ha sempre ragione.
Ma, poiché il più delle volte la verità sta nel mezzo, il lettore ha ragione ogni tanto. Quando? Quando il suo giudizio è EQUILIBRATO. E come faccio a sapere quando un giudizio è EQUILIBRATO?
E qui comincio a divertirmi, facendo un po' di analisi sociologica del concorso.
Il concorso è fondamentalmente assimilabile a un gioco. E in un qualsiasi gioco ci sono tre tipi di giocatori:
1) IL GIOCATORE EQUILIBRATO. Questo tipo di giocatore è uno scrittore che conosce le regole narrative. Probabilmente ha scritto un'opera che va dal leggibile, al mediamente interessante, al capolavoro; è, per tali ragioni, anche un valutatore equilibrato: trova e segnale i problemi, riconosce il valore dell'opera.
2) IL GIOCATORE SUPERFICIALE. Questo è il tipo di scrittore che potremmo definire acerbo: conosce poco i meccanismi narrativi, commette ingenuità narrative e talvolta linguistiche; alle volte tratta gli argomenti senza informarsi su di essi (esempio più classico: decide che la macchina del protagonista è una 500, poi però la narrazione lo porta a scappare a 300 all'ora in autostrada). Sì, avete capito: che tipo di giudizio può venire da questo tipo di giocatore? Superficiale, ovvio.
3) IL GIOCATORE OPPORTUNISTA. Questo tipo di giocatore si suddivide in due categorie: il pignolo e l'utilitarista. L'utilitarista è quello che, prima di dare il giudizio, ha fatto un ragionamento machiavellico e matematico volto a massimizzare il proprio profitto dal gioco. Il ragionamento è il seguente: passano i primi trecento, quindi, più brutte sono le opere che egli legge, più probabilità ha lui di passare. L'utilitarista spera ardentemente che le proprie opere siano orribili e vi cercherà meticolosamente un errore. E tale errore diventerà fondamento di stroncatura totale dell'opera. Breve parentesi: il voto si compone di tre parametri: grammatica, innovazione, profondità di trama e personaggi. Ecco, un giocatore utilitarista che trova un errore di grammatica, ti darà 4 in tutte le categorie, anche se trama e innovazione sono da dieci. Il pignolo è come l'utilitarista, eccezion fatta per il fatto che tale ragionamento è inconscio e quindi non agisce in malafede. Il risultato, comunque, è il medesimo: l'errore trovato diventa ragione di stroncatura, senza se e senza ma. hai scritto qual'è? E' tutto fatto male. E ovviamente, questo genere di giocatore si guarda bene dal commentare i tre ambiti del voto ma rimarrà soltanto a rimarcare il singolo errore che ha trovato.
O meglio, io i giocatori, da politologo, me li immagino così.
Vediamo, ora, quali sono i giudizi de La Tela. Vediamo in base a quali indicazioni io e Marco potremo migliorare la nostra opera. Darò a ogni voto un giudizio a seconda che lo ritenga S(uperficiale), O(pportnista) oppure E(equilibrato).
Di seguito riporto i voti, avendo fatto un banale copia-incolla dalla mia pagina personale.

VotoGiudizio
7.33Con un ottimo linguaggio e una scrittura piacevole e curata viene delineata una trama originale e ben sviluppata con personaggi ben caratterizzati fin da subito. Purtroppo l’originalità del protagonista Marvin non la si ritrova nella figura del poliziotto burbero e che agisce fuori dalle regole (come non pensare al Montalbano camilleriano?) per il quale sarebbe stato più opportuno l’inserimento di alcuni elementi di unicità. Interessante sin dalle prime battute, spinge a continuare nella lettura coinvolgendo e intrigando nonostante la presenza di alcune ingenuità nei dialoghi (“senti pivello”) e alcune ambiguità narrative (Tony racconta la sua vita perdendo la “voce” che aveva avuto fino a quel momento e diventando una voce narrante poco credibile) e qualche salto di logica (Marvin ricorda un’uscita sulla Tour Eiffel con l’amata che in effetti poco prima dice di non aver ancora fatto). Indubbiamente degno di attenzione.
5.00Il testo è riconducibile concettualmente alle sceneggiature di film e telefilm polizieschi americani. Il linguaggio con cui i personaggi si esprimono è figlio di quell’ormai tipico e abusato slang di strada infarcito dei vari “fottuto”,“sbirro”, “storia sporca” e così via. Il personaggio del duro istintivo, lo sbirro figlio di puttana che se ne frega delle regole, contrapposto al pivellino ligio, indefesso, riflessivo, che cerca di colmare le proprie lacune ascoltando il veterano che ne sa più di lui e parla come il duro dei film. Il tutto è già sentito, stereotipato, e perciò poco interessante. Il racconto potrebbe funzionare solo se la storia fosse eccezionalmente stimolante. Cosa che per ora non sembra essere. Il testo presenta anche meccanismi tipici della sceneggiatura, poco funzionali nella letteratura. Si pensi a questo scambio: «Il tuo stato di servizio parla per te: gavetta alla narcotici, alla buon costume, alla omicidi e, infine, ispettore. Un bel curriculum per un italo-americano che non è nemmeno arrivato a quarant’anni. Hai poche amicizie e un carattere duro – questo non l’ho scritto io ma qualcuno che ti conosce bene. Sei uno con le palle a cui la carriera da sbirro si è cucita addosso alla perfezione. » È il classico «spiegone», l’esposizione di fatti accaduti o di tratti caratteriali dei personaggi di cui lo spettatore deve essere a conoscenza per comprendere la trama, ottenuta attraverso i dialoghi. Se però in una sceneggiatura di ficiton può funzionare, (meno in una cinematografica dove si ragiona per immagini) risulta poco efficace in un romanzo. Un dialogo così, infatti, finisce per essere poco credibile e noioso. È più bello leggere la prosa dei fatti e, per quanto riguarda i tratti caratteriali, apprenderli attraverso le azioni dei personaggi stessi. In conclusione, un testo acerbo, troppo influenzato dal cinema, che aggiunge poco ai quintali di letteratura/pellicola poliziesca prodotti dagli anni Settanta a oggi.
6.00Il contenuto è senz'altro ben scritto, non ho notato errori grammaticali e il testo sembra interessante. Tuttavia questo incipit non è riuscito a coinvolgermi più di tanto (certo non sono dieci pagine a bastare) però in altri casi è stato diverso. Complessivamente do la sufficienza perché non vedo aspetti particolarmente negativi, ma sicuramente ci si può lavorare sopra, magari cercando di aumentare i ritmi della narrazione.
8.67Pare strano che un romanzo ambientato tra gli Stati Uniti e la Francia possa essere scritto da un italiano.Sicuramente un italiano che conosce bene i due ambienti.Un anziano poliziotto,figlio di una prostituta,e cresciuto nei bordelli,si interfaccia con il suo giovane allievo,uscito fresco-fresco dall'accademia.Un giovane pittore bohemien,irlandese,intraprende una liason con una cameriera francese.Le due storie paiono inconciliabili con l'incipit.Ma sicuramente alla fine del romanzo tutti i fili verranno riattaccati.Complimenti a Ubywan1
7.67Dopo aver letto la sinossi e l'incipit, a parte il riferimento al protagonista Marvin e agli atri due coprotagonisti (Tony Trapani e Sophie, la donna Monica e' Sophie?), non si comprende il collegamento fra i due testi. Ciò' significa che non si intuisce molto del resto della storia dall'incipit. A prescindere da questo rilievo, l'incipit e' abbastanza accattivante, anche se non particolarmente originale. I personaggi lasciano un po' perplessi, nel senso che per il lettore risultano enigmatici, ma questo rende coinvolgente la storia. Corretta la sintassi, l'ortografia e la grammatica per cui il testo si legge in modo agevole.
6.67una buonissima trama, sviluppata anche in modo corretto sia grammaticale che formale. All'inizio può sempbrare la solita storia di un detective che poi si sviluppa in un racconto notevolmente più profondo e quindi più vivo ed interessante. Incuriosisce il lettore ad andare aventi
7.33Una scrittura a tratti splendida (alcune figure retoriche sono veramente notevoli!) rende questo incipit molto accattivante. Gli unici difetti riscontrati riguardano tre aspetti: il primo concerne i dialoghi fra i protagonisti (sia la coppia di poliziotti che gli amanti parigini), che parlano tutti allo stesso modo, con gli stessi termini e con gli stessi ritmi (che poi sono quelli della narrazione); il secondo riguarda la scarsa veridicità della confidenza del poliziotto esperto al più giovane: appare poco probabile che una verità così intima (ed infatti conosciuta solo dal capitano, superiore gerarchico e vecchio amico) possa essere poi condivisa dall'ispettore con un collega appena affiancatogli; terzo, volendo restare nella "categoria" della storia, "troppe cartucce" sparate nelle primissime pagine: forse lasciare un po' di spazio all'immaginazione del lettore potrebbe giovare... Nonostante questi appunti, ribadisco che l'incipit è molto accattivante.
7.33Un incipic molto buono per grana linguistica e carattezzazione dei personaggi, con due pecche: qualche frase fatta di troppo nel gergo dei poliziotti e l'ambientazione all'estero (Oklahoma, Mississippi, piantagioni di cotone, La Senna, suonano poco credibili anche se l'autore sembra padroneggiarle).
5.67L'incipit è pieno di dialoghi. Ma i dialoghi, anziché chiarire, è come se rendessero più oscura la vicenda. Vicenda che - in sé - è assurda, e l'autore non usa nessuno stratagemma per farci entrare nel suo mondo e farci accettare poco per volta la parte sovrannaturale... Insomma... Ho avuto la sensazione di navigare in un qualcosa di scritto decentemente ma con una trama talmente assurda e fuori luogo che non mi ha fatto entrare per nulla nella vicenda. L'abuso dei dialoghi, inoltre, non mi ha fatto riconoscere nei personaggi, non me li ha fatti capire. Nel senso che un dialogo come questo, per esempio, "Vado a dormire" "A quanto pare, hai le palle" sono talmente irrealistici e fanno subito pensare al cinema USA di serie Z più che alla letteratura, che - personalmente - mi hanno dato l'orticaria e mi hanno gettato nella confusione più assoluta. In definitiva: stile buono, secco... inventiva sottozero.
9.00Incipit d'impatto, che si legge d'un fiato e ci lascia con la curiosità di andare avanti nella lettura. L'autore dimostra una padronanza invidiabile della lingua e di diversi linguaggi di genere (nei 2 capitoli, si cimenta nel poliziesco e nel romanzo "bohémien", in entrambi i casi con ottimi risultati). In particolare ho apprezzato il ritmo preciso e incalzante e la scelta delle lessico. Unica pecca (a parte 1 solo refuso di battitura "dei mie diciotto anni") è che non si alluda al "patto col Diavolo", che sembra, dalla sinossi, essere la chiave della storia. Ma, a mio avviso, questa pecca è da attribuire alle regole rigide del concorso, e non al manoscritto, che merita, tanto. I miei complimenti, e in bocca al lupo!
4.67L'incipit di questo romanzo racconta due storie, completamente separate, che non hanno niente a che fare con la sinossi. Dovendo giudicare solo l'incipit, devo dire di non aver trovato il romanzo molto interessante. La prima storia parla i due poliziotti americani che rispondono, in tutto e per tutto, allo stereotipo dei poliziotti americani. Tutto quello che fanno e dicono è qualcosa che il lettore ha già letto e visto. La seconda storia è ambientata a Parigi e parla della nascente storia d'amore fra un pittore e una cameriera. Anche in questo caso, niente di nuovo e niente di originale.
5.33I due capitoli sono sostanzialmente diversi. Nel primo prevale il dialogo (eccessivo) e la caratterizzazione dei personaggi non mi pare adeguata (d'altra parte, per quanto si dice nella sinossi, non si tratta dei protagonisti). Nella seconda parte, invece, la scena si sposta a Parigi e il testo pare scritto da un'altra persona. La differenza tra i due capitoli è notevole e, a mio giudizio, lascia sbigottito il lettore. C'è qualche virgola fuori posto ma, tutto sommato, l'uso della lingua è corretto, anche se indulge troppo spesso a parole 'forti'.
5.00Intreccio già sentito, troppi luoghi comuni. Diloghi da detective americani "figli di puttana". Manca originalità. Il linguaggio ed il ritmo sono invece buoni. Per gli appassionati del genere.
8.33Fin da subito si entra nella storia. Lo stile è asciutto e veloce, il racconto è ben strutturato, i personaggi e le immagini sono credibili. La prosa piena ( a volte poetica… “il pittore si era sciupato a rincorrere una sfumatura di grigio preziosa e intensa come il freddo che l’aveva intirizzito”. Oppure: “… mentre i suoi sospiri erravano sui fianchi di lei”). L’intreccio è ben costruito, la sintassi è buona – insomma, promette bene e leggerei volentieri il seguito.
6.67Il migliore degli incipit letti, lontano però dal poter essere motivo di vanto, data l’inconsistenza degli altri quattordici. Le prime pagine infatti non sono entusiasmanti, tutt’altro: quei dialoghi presi a prestito da una cattiva sceneggiatura di un brutto telefilm degli anni settanta lasciano un po’ perplessi, con l’aggravante che l’ambientazione è rischiosa e mette sulla difensiva, obbligando a considerare con occhio critico ogni riferimento. Il duro tutto di un pezzo che sbraca subito raccontando dì sé alla prima occasione è poco credibile, così come quel “dammi del tu” che nella lingua che si suppone i due parlino, non ha senso. Anche l’appostamento davanti a casa del criminale a tutto tondo è ridicolo: l’astuto ispettore per non lasciare tracce non vuota il posacenere ma resta inchiodato in macchina a fumare per otto ore filate? La parte che si svolge a Parigi va decisamente meglio (a parte il mercedi che NON vuole l’accento, controllare per favore, ci vuole così poco…), c’è qualche spunto più originale e meno cliché.
Ora smettete di ridere. E di chiedervi chi sia un giocatore equilibrato e chi un opportunista. E se hanno tutti letto la stessa cosa.
Da tutti i giudizi ho capito che i tempi narrativi dell'investigatore devono essere rivisti. Questo è uno dei pochi dati concreti. Ho dei dubbi sul linguaggio del "poliziesco": come parlavano i poliziotti negli anni '70? Come li mostrano nei film gli americani? Perché allora il linguaggio va bene, anche se è da "poliziesco di serie Z".
Veniamo poi al fatto che il poliziotto sia un cliché: è vero, ma il bello è che poi tale cliché viene rovesciato e il rovesciamento è tanto più efficace, narrativamente parlando, tanto più è cliché prima.
Veniamo all'immedesimazione del lettore: c'è chi mi dice che entra subito nella storia e chi che non riesce a farlo, chi ha ragione?
Veniamo ai giudizi, uno per uno.
1) 7.33 Il giudizio segna le critiche (assolutamente motivate) ma assegna un "buon" punteggio. Come devo giudicarlo? Non è O(pportunista) e non è S(uperficiale), quindi è E(quilibrato). Suggerisce di sistemare la voce di Tony quando diventa narratore. Si può, anzi, si deve fare.
2) 5.00 Il secondo giudizio è stupendo: nella sinossi ho scritto che il libro è un fantastico e ci sono due storie che si intrecciano: questo deve aver letto solo il primo capitolo senza nemmeno accorgersi che c'era la parte di Marvin. In sostanza qui si va oltre l'opportunismo, si tratta di boicottaggio. O(pportunista).
3) 6.00 Il terzo mi suggerisce di aumentare il ritmo della narrazione. Si può fare, benché altri notino che il ritmo è incalzante. E.
4) 8.67 Il quarto mi loda (grazie) ma attenzione alla cosa importante: gli ho reso l'idea di conoscere bene gli ambienti dove avviene la narrazione. E.
5) 7.67 I personaggi sono enigmatici e questo rende intrigante la storia. Ricordiamocelo, la storia è accattivante. E.
6) 6.67 Incuriosisce il lettore. La storia è accattivante. E.
7) 7.33 Scrittura splendida, accattivante. Alcune imprecisioni sui comportamenti di Tony che occorre registrare, e lo faremo. E.
8) 7.33 Personaggi ben caratterizzati. Una domanda da fare, però: se sembriamo padroneggiare i luoghi, come mai gli sembrano inverosimili? Se suonano inverosimili vuol dire che non li padroneggiamo. Deve accordarsi con 4). Comunque, E.
9) 5.67 Dialoghi che oscurano la vicenda, incapacità di far entrare il lettore nel mio mondo. Giudizio inconciliabile con 6), 7) e 8). Chi ha ragione? A mia opinione i tre, perché è più utile sbagliare al ribasso che al rialzo (ci si farebbe solo del male a sopravvalutare le opere altrui). Sono indeciso tra S(uperficiale) e O.
10) 9.00 Ha trovato un errore di battitura e ha segnalato la mancanza del patto col diavolo (che purtroppo arriverà dopo). Non può essere S, non può essere O, quindi è senz'altro E.
11) 4.67 Il romanzo non gli sembra interessante. Esattamente il contrario di 6), 7) e 8). Poi le due parti sono già lette. Il punto, come dice la sinossi (quale ha letto, visto che gli altri l'hanno capita?), è che le due trame inconciliabili si mischiano. E' tutto già letto nel senso che hai già letto romanzi che mischiano le due cose? Quali sono per cortesia? Oppure cosa c'è che non ha capito o non ha voluto capire? S o O?
12) 5.33 La differenza tra i capitoli è notevole. Vero, e infatti lo è anche il genere. E' che poi si mischiano. A parte la caratterizzazione da bilanciare, quali altri problemi giustificano un voto tanto basso? O, per forza.
13) 5.00 Per gli appassionati del genere? Di quale? 12) dice che c'è un netto stacco tra i generi, cosa che lui non ha notato, perché non ne accenna. Perché? Perché ha letto solo il primo capitolo e forse nemmeno la sinossi! Boicottaggio anche questo. O.
14) 8.33 Fin da subito si entra nella storia (andrebbe spiegato a 13)). Personaggi e immagini credibili. Cosa devo dedurne? E.
15) 6.67 Questo fa un'importante nota: che in inglese effettivamente si da sempre del tu. Ci sta. Come vedete, questo giudizio è credibile. Questo giudizio ha senso. Il lettore mi ha criticato, ma il voto è positivo. Il lettore non è un O, non è un S e quindi è un E. Questo giudizio, peraltro è per me emblematico. L'opera viene in parte stroncate ma il giudizio è tutto sommato positivo. Questo giudizio mi fa dubitare di tutti i giudizi negativi espressi dagli altri rendendoli assolutamente pretestuosi. L'unica giustificazione è che siano stati gli altri che ha letto, essendo orribili, ad aver reso il voto positivo. Questo significa, banalmente, che, purtroppo. ogni giudizio rischia di non essere obiettivo ma viziato anche dalle opere altrui. una scala di giudizio relativa, quindi.

Tiriamo le somme. C'è del lavoro da fare su Tony, il che darà modo a me e a Marco di rendere l'opera perfetta. L'anno prossimo, boicottaggi a parte, vinciamo noi.

venerdì 7 marzo 2014

La citta di Acri, il Regno di Cesse e il sultano Babi

Quella che vi narro è una leggenda del popolo Cananeo, o per lo meno, per tale viene spacciata da chi me l'ha raccontata. Come egli fece con me, io faccio con voi.
La storia che vi voglio narrare è ambientata tanto tempo fa, in quel crogiolo di popoli che fu la mezzaluna fertile. Questa storia narra le vicende della città operosa e felice di Acri. Questa città vedeva i suoi abitanti produrre armi complesse ed efficaci per il tempo che avevano permesso ad Acri di mantenersi libera dalle conquiste e prospera. Gli abitanti erano tanto affaccendati ed efficienti che avevano smesso di occuparsi delle questioni della loro città per dedicarsi ai propri mestieri e avevano conferito a un consiglio di capitani del popolo il compito di amministrarli.
Un brutto giorno il sultano Babi convocò il re di Cesse, suo vassallo, per informarlo di come gli fossero giunte voci di movimenti di popoli nomadi che, dalle terre ancora più a oriente, minacciavano di invadere le terre di Cesse prima e quelle del sultano poi. Visto l'amore cavalleresco che li univa, il sultano di Babi decise di aiutare il re di Cesse ma, nonostante il gran numero di soldati, c'era la possibilità che il regno di Cesse sarebbe caduto. Anche il regno di Cesse produceva armi ma lance e spade e scudi erano di gran lunga inferiori a quelli a disposizioni dei nomadi.
- Come farò allora? - domandò il re di Cesse.
- Conquista Acri - gli suggerì il sultano - gli uomini di quella città producono armi molto migliori di quelle fatte dai tuoi schiavi e potrai farli schiavi a loro volta e mandarli a combattere contro i barbari.
- Ma come faccio a conquistare una città che ha armi più potenti? - si lamentò il re di Cesse.
- Hai molto oro, usalo.
- Ma con l'oro non si fanno armi potenti.
- Usa l'oro per corrompere i capitani del popolo di Acri, sciocco! Così essi ti consegneranno la città senza colpo ferire.
E così fu. Il re di Cesse mandò degli emissari, riempì d'oro i capitani di Acri che gli aprirono le porte consegnandogli la città e mantennero il potere come valvassori di Cesse e del sultano Babi. L'invasione dei nomadi fu arginata al prezzo della vita e della libertà di Acri ma Cesse visse altri lunghi lustri di splendore.
La morale di questa favola potrebbe essere riassunta nel fatto che l'oro arriva dove non arriva l'acciaio oppure nel fatto che ogni uomo libero rimane tale finché cura i propri affari e non li delega ma la storia non finisce qui.
La storia che mi è stata narrata giunge da fonti cananee e ho approfondito l'argomento. I cananei l'hanno ereditata dai mitanni e dagli ittiti, e questi dagli assiri, che a loro volta l'hanno sentita dai babilonesi che, infine, l'hanno appresa dai sumeri. E la storia che scrissero i sumeri non termina qui, ma continua, anche se per molto poco. La storia sumera narra che un giovane di Acri non accettò ciò che era successo e che non si piegò agli accaduti. Questo giovane, privo di legami ma colmo di coraggio e sdegno, decise di immolare la propria vita alla Dea della Vendetta e iniziò a trovare e macellare i capitani del popolo che avevano venduto la città. Uno a uno caddero tutti, loro e le loro famiglie, trucidati dall'ira del vendicatore. Il re di Cesse fu trovato avvelenato e il sultano Babi perì durante una battuta di caccia, trafitto da una freccia. Questa aggiunta non cambia l'esito della storia, ma ne altera la morale: basta un uomo solo a raddrizzare i torti.
Si capisce come i popoli che ereditarono la storia, dai babilonesi in poi, e tutti con forme politiche più vicine agli imperi che alla federazione di città-stato come i sumeri, alterarono la storia per nascondere il vero finale: i pastori non vogliono che gli agnelli sappiano che possono mutare in lupi...

mercoledì 18 dicembre 2013

Novità natalizia

Dopo una lunga gestazione, Watson Edizioni ha pubblicato l'antologia Horror Storytelling che contiene il mio racconto steam-fantasy Il krakle di Cala na Kreige. Il racconto è il primo ispirato dalla figura di sir Argail O'Connor, investigatore ed elfo irlandese e che appartengono alla serie I diari di Edward Templeton, che si arricchiranno a breve di nuovi e inquietanti episodi.
Ne Il krake di Cala na Kreige, sir Argail è incaricato di fare luce sulla sparizione di uomini e donne avvenuti nella cittadina scozzese di Stonehaven. In un susseguirsi di colpi di scena e orrore, sir Argail e il suo assistente Edward scopriranno la sconvolgente realtà che si nasconde dietro una tranquilla e pescosa cittadina.
L'antologia Horror Storytelling contiene un'altra trentina di racconti a sfondo horror, per chiunque volesse regalarsi qualche brivido. La trovate su Amazon, su Libreria Universitaria, su IBS.
Buona lettura e buone feste.

giovedì 12 dicembre 2013

Nuovi progetti

E' un po' che non ci si legge!
Colpa mia, colpa mia. E' che ho avuto da fare. Giuro.
Finalmente è uscita "Horror Storytelling" di Watson Edizioni, che contiene Il krake di Cala na kreige, racconto steam-fantasy che vede un investigatore elfo alla presa con un mostro leggendario in un contesto ucronicamente vittoriano. Il protagonista è sir Argail O'Connor, un personaggio che doveva dare l'avvio a una sorta di serie, una pluralità di racconti uniti dal sottotitolo I diari di Edward Templeton, l'assistente di sir Argail. Ho parlato di questa opzione con Dunwich Edizioni che ha valutato un altro racconto/capitolo e si è mostrata disposta a pubblicarli.
Ero quindi impegnato nella stesura del nuovo primo episodio e nei successivi quando la stessa Dunwich mi ha accennato a uno spin-off di Codex Gilgamesh da proporre in una raccolta. Ho mollato sir Argail e mi sono ri-gettato a capofitto nel contesto vittoriano che ha visto protagonisti Kentigern, Eudora, Frankenstein, Gilgamesh, Jumpin' Jack. Il racconto è quasi terminato, e a tempo di record.
E non finisce qui, perché ho materiale da sistemare e da aggiungere a Tirseno per completarlo, chiuderlo e presentarlo a un editore che tratti epica.
Faccio gli auguri di Natale e di Anno Nuovo a tutti adesso perché non so se tornerò su queste pagine prima della fine dell'anno.
A presto.

PS: ah, sto preparando anche la versione digitale de Il Sigillo del Fuoco e del mio primo romanzo (scritto con Marco Bonati) Uomini in bilico.

giovedì 7 novembre 2013

Ritorno a Dunwich - ci sono


Una bella copertina per una raccolta dedicata a H.P. Lovecraft. Non è una novità che il mio stili si ispiri a quello del genio di Providence, il maestro dell'orrore H.P. Lovecraft. Con immenso piacere sono stato selezionato per un'antologia-tributo: Ritorno a Dunwich, pubblicato da Dunwich. Lo trovate a questo indirizzo.

martedì 27 agosto 2013

Codex Gilgamesh - Prove di veicoli 1

Una bozza dice più di mille parole.
Questo è uno schizzo della Folgore, la nave di Victor von Frankenstein disegnata da Leonardo da Vinci.
Il mio disegno prende spunto dai bozzetti di Leonardo per una nave che, sotto la blindatura a mandorla a prua nascondeva un cannone. Qui invece la blindatura è composta da due rotori che, in posizione verticale, trasformano il mezzo in un elicottero. Il fumaiolo a metà è cannone. La versione non è quella definitiva ma rende un'idea di quello che mi frullava nella testa. O di quello che frullava nella testa di Leonardo?

martedì 20 agosto 2013

Perché non recensisco più

Qualcuno mi chiede perché non recensisco più romanzi. Perché ho riletto le mie recensioni, ho letto molte recensioni altrui e ho studiato, facendomi un'opinione del tutto personale riguardo ai romanzi e ai commenti degli stessi. Ora vi racconto come la penso.
Parliamo innanzitutto del testo. E già qui farò una distinzione che subito sembrerà strana ma al termine della lettura apparirà chiara: distinguerò infatti tra libro e romanzo. Il libro è l'oggetto fisico, le pagine, lo scritto; il romanzo è l'esperienza generata dal libro.
Cominciamo dunque con il libro, ovvero con il testo. Un testo deve essere comprensibile, completo e coerente.
Ma, esaminando solo questi tre aspetti, ci si limita alla valutazione del codice linguistico con il quale è scritto (il cosiddetto livello denotativo). Si critica il libro. Ma il libro non è il romanzo. E non lo è perché i termini evocano immagini (mentali, legate alla capacità cognitiva del lettore) che si caricano di significati che vanno ben oltre il piano letterale e rendono più complesso il significato del testo (il cosiddetto livello connotativo).
Un romanzo dunque non si esaurisce nel proprio livello denotativo ma, a mio avviso, neppure nel suo livello connotativo. Il romanzo vero e proprio è un insieme temporale di più elementi. Vediamo se riesco a fare un'analisi come si deve di ciò che ho maturato. Ecco i momenti del romanzo, ovviamente a mia personale opinione, che costituiscono i passi dell'esperienza mentale legata alla lettura.
1) C'è un primo momento, il momento denotativo, quello durante il quale il lettore legge ciò che è scritto, ovvero le parole, il periodo, la pagina, il capitolo, il libro. Questo primo momento è soggetto alle regole del livello denotativo, ovvero all'essere comprensibile, completo e coerente.
2) Il secondo lo chiamerei momento interpretativo/cognitivo e si riferisce all'immagine mentale che il lettore ottiene dal primo momento. Riguarda proprio ciò che, quando leggiamo, immaginiamo grazie alle parole.
3) Il terzo è il momento connotativo e riguarda il significato del testo, ovvero ciò che significa l'immagine mentale che il lettore si è fatto di ciò che ha letto. Il romanzo non si esaurisce nemmeno qui, il romanzo infatti, credo che sia oltre, è al prossimo punto.
4) Il quarto lo definirei momento introiettivo/proiettivo. Riguarda ciò che il lettore vede di sé nella narrazione, ovvero come il lettore partecipa a quanto compreso del punto precedente. Il romanzo è questo e, come spero di aver mostrato, è ben diverso dal libro.
Veniamo alla recensione di un romanzo.
La maggior parte delle "critiche" di molti blog che si occupano di recensire libri si ferma all'analisi del primo momento; c'è chi l'esegue in maniera molto approfondita e "scientifica" (per quanto si possa esaminare in tale maniera un'arte, che è pertanto soggetta a metodo induttivo e non deduttivo), chi meno, ma la maggior parte si limita a ciò che ha letto, non a ciò che ha visto e a ciò che il romanzo ha comunicato. I romanzi diventano meravigliosi o ributtanti in funzione del solo libro. Un errore a mio avviso. Un errore dal quale non sono stato esente in passato.
Vediamo meglio, con l'aiuto di due frasi.
A) "Marco guarda a lungo e con astio Paolo; infine si alza velocemente dalla sedia, prende con rabbia un grosso libro e lo lancia violentemente contro di lui".
B) "Marco guata Paolo, balza dalla sedia, afferra un libro e glielo scaglia contro."
Dopo esserci fatti un'idea delle regole della scrittura, possiamo dire che la frase A) è peggiore della frase B) perché dice le stesse cose ma in modo meno immediato e più approssimativo. Possiamo però asserire che la frase A) "fa schifo"?
No, non possiamo, perché tale frase rispetta le regole del momento denotativo (perché è comprensibile, completa e coerente). Possiamo dire (nella semplificazione che le frasi siano il libro) che il libro B) è migliore del libro A). Certo, ma il romanzo A) è migliore del romanzo B)? Come ho detto prima, il romanzo non è il libro.
La lettura della frase A) e la frase B) (momento denotativo) innesca il medesimo momento interpretativo/cognitivo. Infatti, se non avvengono disturbi soggettivi a livello cognitivo (problema che non voglio affrontare perché esula dalla trattazione), che Marco si alzi velocemente oppure balzi dalla sedia, l'immagine mentale che ci facciamo della scena è la medesima. Se il momento 2) è il medesimo, saranno i medesimi i momenti 3) e 4).
Che Marco balzi o si alzi velocemente il significato della sua azione è il medesimo. Ed è il medesimo anche ciò che di noi permea l'azione: avremmo agito anche noi come lui o avremmo agito diversamente? Il momento di introiezioni/proiezione dell'azione di Marco non viene inficiato dalle parole con le quali è scritto (se, ovviamente, sono comprensibili, complete e coerenti, come è). Il romanzo è quanto c'è di noi che leggiamo in Marco, non in come è stato scritto che abbia fatto ciò che ha fatto.
Esistono quindi romanzi "brutti", "ributtanti", "illeggibili"? A mio avviso no, esistono libri "meno belli", il che è un'altra cosa.
Ma i libri sono come gli amici: non sono il contenitore esterno o la faccia, e non sono nemmeno quello che ci dicono o quello che fanno; gli amici sono ciò che di noi c'è in loro e viceversa.