martedì 20 agosto 2013

Perché non recensisco più

Qualcuno mi chiede perché non recensisco più romanzi. Perché ho riletto le mie recensioni, ho letto molte recensioni altrui e ho studiato, facendomi un'opinione del tutto personale riguardo ai romanzi e ai commenti degli stessi. Ora vi racconto come la penso.
Parliamo innanzitutto del testo. E già qui farò una distinzione che subito sembrerà strana ma al termine della lettura apparirà chiara: distinguerò infatti tra libro e romanzo. Il libro è l'oggetto fisico, le pagine, lo scritto; il romanzo è l'esperienza generata dal libro.
Cominciamo dunque con il libro, ovvero con il testo. Un testo deve essere comprensibile, completo e coerente.
Ma, esaminando solo questi tre aspetti, ci si limita alla valutazione del codice linguistico con il quale è scritto (il cosiddetto livello denotativo). Si critica il libro. Ma il libro non è il romanzo. E non lo è perché i termini evocano immagini (mentali, legate alla capacità cognitiva del lettore) che si caricano di significati che vanno ben oltre il piano letterale e rendono più complesso il significato del testo (il cosiddetto livello connotativo).
Un romanzo dunque non si esaurisce nel proprio livello denotativo ma, a mio avviso, neppure nel suo livello connotativo. Il romanzo vero e proprio è un insieme temporale di più elementi. Vediamo se riesco a fare un'analisi come si deve di ciò che ho maturato. Ecco i momenti del romanzo, ovviamente a mia personale opinione, che costituiscono i passi dell'esperienza mentale legata alla lettura.
1) C'è un primo momento, il momento denotativo, quello durante il quale il lettore legge ciò che è scritto, ovvero le parole, il periodo, la pagina, il capitolo, il libro. Questo primo momento è soggetto alle regole del livello denotativo, ovvero all'essere comprensibile, completo e coerente.
2) Il secondo lo chiamerei momento interpretativo/cognitivo e si riferisce all'immagine mentale che il lettore ottiene dal primo momento. Riguarda proprio ciò che, quando leggiamo, immaginiamo grazie alle parole.
3) Il terzo è il momento connotativo e riguarda il significato del testo, ovvero ciò che significa l'immagine mentale che il lettore si è fatto di ciò che ha letto. Il romanzo non si esaurisce nemmeno qui, il romanzo infatti, credo che sia oltre, è al prossimo punto.
4) Il quarto lo definirei momento introiettivo/proiettivo. Riguarda ciò che il lettore vede di sé nella narrazione, ovvero come il lettore partecipa a quanto compreso del punto precedente. Il romanzo è questo e, come spero di aver mostrato, è ben diverso dal libro.
Veniamo alla recensione di un romanzo.
La maggior parte delle "critiche" di molti blog che si occupano di recensire libri si ferma all'analisi del primo momento; c'è chi l'esegue in maniera molto approfondita e "scientifica" (per quanto si possa esaminare in tale maniera un'arte, che è pertanto soggetta a metodo induttivo e non deduttivo), chi meno, ma la maggior parte si limita a ciò che ha letto, non a ciò che ha visto e a ciò che il romanzo ha comunicato. I romanzi diventano meravigliosi o ributtanti in funzione del solo libro. Un errore a mio avviso. Un errore dal quale non sono stato esente in passato.
Vediamo meglio, con l'aiuto di due frasi.
A) "Marco guarda a lungo e con astio Paolo; infine si alza velocemente dalla sedia, prende con rabbia un grosso libro e lo lancia violentemente contro di lui".
B) "Marco guata Paolo, balza dalla sedia, afferra un libro e glielo scaglia contro."
Dopo esserci fatti un'idea delle regole della scrittura, possiamo dire che la frase A) è peggiore della frase B) perché dice le stesse cose ma in modo meno immediato e più approssimativo. Possiamo però asserire che la frase A) "fa schifo"?
No, non possiamo, perché tale frase rispetta le regole del momento denotativo (perché è comprensibile, completa e coerente). Possiamo dire (nella semplificazione che le frasi siano il libro) che il libro B) è migliore del libro A). Certo, ma il romanzo A) è migliore del romanzo B)? Come ho detto prima, il romanzo non è il libro.
La lettura della frase A) e la frase B) (momento denotativo) innesca il medesimo momento interpretativo/cognitivo. Infatti, se non avvengono disturbi soggettivi a livello cognitivo (problema che non voglio affrontare perché esula dalla trattazione), che Marco si alzi velocemente oppure balzi dalla sedia, l'immagine mentale che ci facciamo della scena è la medesima. Se il momento 2) è il medesimo, saranno i medesimi i momenti 3) e 4).
Che Marco balzi o si alzi velocemente il significato della sua azione è il medesimo. Ed è il medesimo anche ciò che di noi permea l'azione: avremmo agito anche noi come lui o avremmo agito diversamente? Il momento di introiezioni/proiezione dell'azione di Marco non viene inficiato dalle parole con le quali è scritto (se, ovviamente, sono comprensibili, complete e coerenti, come è). Il romanzo è quanto c'è di noi che leggiamo in Marco, non in come è stato scritto che abbia fatto ciò che ha fatto.
Esistono quindi romanzi "brutti", "ributtanti", "illeggibili"? A mio avviso no, esistono libri "meno belli", il che è un'altra cosa.
Ma i libri sono come gli amici: non sono il contenitore esterno o la faccia, e non sono nemmeno quello che ci dicono o quello che fanno; gli amici sono ciò che di noi c'è in loro e viceversa.

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