lunedì 12 maggio 2014

ioScrittore - facciamo le somme, per ridere

Ci sono cascato, anche quest'anno.
Ho partecipato al Torneo letterario ioScrittore della MauriSpagnol, anche quest'anno.
Per chi non lo conoscesse è un torneo dove il tuo romanzo viene valutato dagli altri che fanno valutare il proprio romanzo (e quindi chi partecipa svolge il lavoro di lettura e valutazione). In trecento passano la prima fase (lettura dell'incipit, una breve porzione del romanzo) e il vincitore ottiene un contratto.
Quindi, dicevo, anche stavolta ci sono cascato. E ho ripresentato l'opera che ho scritto a quattro mani con Marco; "male che vada troveremo altre cose da sistemare", questo era il motivo.
Ora, c'è un pregresso, nel senso che questa opera, La Tela, era già stata presentata due anni fa e aveva riscontrato in quella occasione, voti tra loro discordanti: per alcuni lettori era un capolavoro per altri era illeggibile. Nessuno dei lettori di due anni fa (e il lettori sono di solito 15) e ripeto nessuno di quei lettori mi aveva segnalato un punto preciso dove c'era qualcosa che non andava (cosa invece fatta da quelli "nuovi"). Sì, non ci crederete, anche chi l'aveva bocciata non ti diceva dove. Uno dei giudizi, forse il più bello di sempre, di due anni fa era un 4.67 motivato così "non si scherza con la religione". S-P-L-E-N-D-I-D-O. 
Bene, quindi? Quindi quest'anno ho ripresentato la stessa opera, UGUALE a quella d due anni fa. Risultato? La Tela non ha passato il primo turno (come due anni fa).
Ci sono però tre notizie positive.
La prima è che chi l'ha bocciata mi ha detto finalmente cosa non andava.
La seconda è che la media dei voti è superiore a quella di due anni fa, il che mi fa brillare in mente l'idea che non conta soltanto come scrivi ma chi ti legge.
La terza è che farò qui di seguito una critica alle critiche. Un po' per divertirmi, un po' per spiegare quali lavori farò sulla trama.
Si può criticare la critica? Ebbene, il mio ragionamento parte dal seguente punto: il lettore ha sempre ragione. Quindi se uno ti dice che l'opera fa schivo, fa schifo. E se un altro lettore ti dice che è un capolavoro? Allora è un capolavoro. Può essere un opera uno schifo e un capolavoro contemporaneamente? NO. Quindi il punto di partenza è sbagliato: il lettore non ha sempre ragione.
Ma, poiché il più delle volte la verità sta nel mezzo, il lettore ha ragione ogni tanto. Quando? Quando il suo giudizio è EQUILIBRATO. E come faccio a sapere quando un giudizio è EQUILIBRATO?
E qui comincio a divertirmi, facendo un po' di analisi sociologica del concorso.
Il concorso è fondamentalmente assimilabile a un gioco. E in un qualsiasi gioco ci sono tre tipi di giocatori:
1) IL GIOCATORE EQUILIBRATO. Questo tipo di giocatore è uno scrittore che conosce le regole narrative. Probabilmente ha scritto un'opera che va dal leggibile, al mediamente interessante, al capolavoro; è, per tali ragioni, anche un valutatore equilibrato: trova e segnale i problemi, riconosce il valore dell'opera.
2) IL GIOCATORE SUPERFICIALE. Questo è il tipo di scrittore che potremmo definire acerbo: conosce poco i meccanismi narrativi, commette ingenuità narrative e talvolta linguistiche; alle volte tratta gli argomenti senza informarsi su di essi (esempio più classico: decide che la macchina del protagonista è una 500, poi però la narrazione lo porta a scappare a 300 all'ora in autostrada). Sì, avete capito: che tipo di giudizio può venire da questo tipo di giocatore? Superficiale, ovvio.
3) IL GIOCATORE OPPORTUNISTA. Questo tipo di giocatore si suddivide in due categorie: il pignolo e l'utilitarista. L'utilitarista è quello che, prima di dare il giudizio, ha fatto un ragionamento machiavellico e matematico volto a massimizzare il proprio profitto dal gioco. Il ragionamento è il seguente: passano i primi trecento, quindi, più brutte sono le opere che egli legge, più probabilità ha lui di passare. L'utilitarista spera ardentemente che le proprie opere siano orribili e vi cercherà meticolosamente un errore. E tale errore diventerà fondamento di stroncatura totale dell'opera. Breve parentesi: il voto si compone di tre parametri: grammatica, innovazione, profondità di trama e personaggi. Ecco, un giocatore utilitarista che trova un errore di grammatica, ti darà 4 in tutte le categorie, anche se trama e innovazione sono da dieci. Il pignolo è come l'utilitarista, eccezion fatta per il fatto che tale ragionamento è inconscio e quindi non agisce in malafede. Il risultato, comunque, è il medesimo: l'errore trovato diventa ragione di stroncatura, senza se e senza ma. hai scritto qual'è? E' tutto fatto male. E ovviamente, questo genere di giocatore si guarda bene dal commentare i tre ambiti del voto ma rimarrà soltanto a rimarcare il singolo errore che ha trovato.
O meglio, io i giocatori, da politologo, me li immagino così.
Vediamo, ora, quali sono i giudizi de La Tela. Vediamo in base a quali indicazioni io e Marco potremo migliorare la nostra opera. Darò a ogni voto un giudizio a seconda che lo ritenga S(uperficiale), O(pportnista) oppure E(equilibrato).
Di seguito riporto i voti, avendo fatto un banale copia-incolla dalla mia pagina personale.

VotoGiudizio
7.33Con un ottimo linguaggio e una scrittura piacevole e curata viene delineata una trama originale e ben sviluppata con personaggi ben caratterizzati fin da subito. Purtroppo l’originalità del protagonista Marvin non la si ritrova nella figura del poliziotto burbero e che agisce fuori dalle regole (come non pensare al Montalbano camilleriano?) per il quale sarebbe stato più opportuno l’inserimento di alcuni elementi di unicità. Interessante sin dalle prime battute, spinge a continuare nella lettura coinvolgendo e intrigando nonostante la presenza di alcune ingenuità nei dialoghi (“senti pivello”) e alcune ambiguità narrative (Tony racconta la sua vita perdendo la “voce” che aveva avuto fino a quel momento e diventando una voce narrante poco credibile) e qualche salto di logica (Marvin ricorda un’uscita sulla Tour Eiffel con l’amata che in effetti poco prima dice di non aver ancora fatto). Indubbiamente degno di attenzione.
5.00Il testo è riconducibile concettualmente alle sceneggiature di film e telefilm polizieschi americani. Il linguaggio con cui i personaggi si esprimono è figlio di quell’ormai tipico e abusato slang di strada infarcito dei vari “fottuto”,“sbirro”, “storia sporca” e così via. Il personaggio del duro istintivo, lo sbirro figlio di puttana che se ne frega delle regole, contrapposto al pivellino ligio, indefesso, riflessivo, che cerca di colmare le proprie lacune ascoltando il veterano che ne sa più di lui e parla come il duro dei film. Il tutto è già sentito, stereotipato, e perciò poco interessante. Il racconto potrebbe funzionare solo se la storia fosse eccezionalmente stimolante. Cosa che per ora non sembra essere. Il testo presenta anche meccanismi tipici della sceneggiatura, poco funzionali nella letteratura. Si pensi a questo scambio: «Il tuo stato di servizio parla per te: gavetta alla narcotici, alla buon costume, alla omicidi e, infine, ispettore. Un bel curriculum per un italo-americano che non è nemmeno arrivato a quarant’anni. Hai poche amicizie e un carattere duro – questo non l’ho scritto io ma qualcuno che ti conosce bene. Sei uno con le palle a cui la carriera da sbirro si è cucita addosso alla perfezione. » È il classico «spiegone», l’esposizione di fatti accaduti o di tratti caratteriali dei personaggi di cui lo spettatore deve essere a conoscenza per comprendere la trama, ottenuta attraverso i dialoghi. Se però in una sceneggiatura di ficiton può funzionare, (meno in una cinematografica dove si ragiona per immagini) risulta poco efficace in un romanzo. Un dialogo così, infatti, finisce per essere poco credibile e noioso. È più bello leggere la prosa dei fatti e, per quanto riguarda i tratti caratteriali, apprenderli attraverso le azioni dei personaggi stessi. In conclusione, un testo acerbo, troppo influenzato dal cinema, che aggiunge poco ai quintali di letteratura/pellicola poliziesca prodotti dagli anni Settanta a oggi.
6.00Il contenuto è senz'altro ben scritto, non ho notato errori grammaticali e il testo sembra interessante. Tuttavia questo incipit non è riuscito a coinvolgermi più di tanto (certo non sono dieci pagine a bastare) però in altri casi è stato diverso. Complessivamente do la sufficienza perché non vedo aspetti particolarmente negativi, ma sicuramente ci si può lavorare sopra, magari cercando di aumentare i ritmi della narrazione.
8.67Pare strano che un romanzo ambientato tra gli Stati Uniti e la Francia possa essere scritto da un italiano.Sicuramente un italiano che conosce bene i due ambienti.Un anziano poliziotto,figlio di una prostituta,e cresciuto nei bordelli,si interfaccia con il suo giovane allievo,uscito fresco-fresco dall'accademia.Un giovane pittore bohemien,irlandese,intraprende una liason con una cameriera francese.Le due storie paiono inconciliabili con l'incipit.Ma sicuramente alla fine del romanzo tutti i fili verranno riattaccati.Complimenti a Ubywan1
7.67Dopo aver letto la sinossi e l'incipit, a parte il riferimento al protagonista Marvin e agli atri due coprotagonisti (Tony Trapani e Sophie, la donna Monica e' Sophie?), non si comprende il collegamento fra i due testi. Ciò' significa che non si intuisce molto del resto della storia dall'incipit. A prescindere da questo rilievo, l'incipit e' abbastanza accattivante, anche se non particolarmente originale. I personaggi lasciano un po' perplessi, nel senso che per il lettore risultano enigmatici, ma questo rende coinvolgente la storia. Corretta la sintassi, l'ortografia e la grammatica per cui il testo si legge in modo agevole.
6.67una buonissima trama, sviluppata anche in modo corretto sia grammaticale che formale. All'inizio può sempbrare la solita storia di un detective che poi si sviluppa in un racconto notevolmente più profondo e quindi più vivo ed interessante. Incuriosisce il lettore ad andare aventi
7.33Una scrittura a tratti splendida (alcune figure retoriche sono veramente notevoli!) rende questo incipit molto accattivante. Gli unici difetti riscontrati riguardano tre aspetti: il primo concerne i dialoghi fra i protagonisti (sia la coppia di poliziotti che gli amanti parigini), che parlano tutti allo stesso modo, con gli stessi termini e con gli stessi ritmi (che poi sono quelli della narrazione); il secondo riguarda la scarsa veridicità della confidenza del poliziotto esperto al più giovane: appare poco probabile che una verità così intima (ed infatti conosciuta solo dal capitano, superiore gerarchico e vecchio amico) possa essere poi condivisa dall'ispettore con un collega appena affiancatogli; terzo, volendo restare nella "categoria" della storia, "troppe cartucce" sparate nelle primissime pagine: forse lasciare un po' di spazio all'immaginazione del lettore potrebbe giovare... Nonostante questi appunti, ribadisco che l'incipit è molto accattivante.
7.33Un incipic molto buono per grana linguistica e carattezzazione dei personaggi, con due pecche: qualche frase fatta di troppo nel gergo dei poliziotti e l'ambientazione all'estero (Oklahoma, Mississippi, piantagioni di cotone, La Senna, suonano poco credibili anche se l'autore sembra padroneggiarle).
5.67L'incipit è pieno di dialoghi. Ma i dialoghi, anziché chiarire, è come se rendessero più oscura la vicenda. Vicenda che - in sé - è assurda, e l'autore non usa nessuno stratagemma per farci entrare nel suo mondo e farci accettare poco per volta la parte sovrannaturale... Insomma... Ho avuto la sensazione di navigare in un qualcosa di scritto decentemente ma con una trama talmente assurda e fuori luogo che non mi ha fatto entrare per nulla nella vicenda. L'abuso dei dialoghi, inoltre, non mi ha fatto riconoscere nei personaggi, non me li ha fatti capire. Nel senso che un dialogo come questo, per esempio, "Vado a dormire" "A quanto pare, hai le palle" sono talmente irrealistici e fanno subito pensare al cinema USA di serie Z più che alla letteratura, che - personalmente - mi hanno dato l'orticaria e mi hanno gettato nella confusione più assoluta. In definitiva: stile buono, secco... inventiva sottozero.
9.00Incipit d'impatto, che si legge d'un fiato e ci lascia con la curiosità di andare avanti nella lettura. L'autore dimostra una padronanza invidiabile della lingua e di diversi linguaggi di genere (nei 2 capitoli, si cimenta nel poliziesco e nel romanzo "bohémien", in entrambi i casi con ottimi risultati). In particolare ho apprezzato il ritmo preciso e incalzante e la scelta delle lessico. Unica pecca (a parte 1 solo refuso di battitura "dei mie diciotto anni") è che non si alluda al "patto col Diavolo", che sembra, dalla sinossi, essere la chiave della storia. Ma, a mio avviso, questa pecca è da attribuire alle regole rigide del concorso, e non al manoscritto, che merita, tanto. I miei complimenti, e in bocca al lupo!
4.67L'incipit di questo romanzo racconta due storie, completamente separate, che non hanno niente a che fare con la sinossi. Dovendo giudicare solo l'incipit, devo dire di non aver trovato il romanzo molto interessante. La prima storia parla i due poliziotti americani che rispondono, in tutto e per tutto, allo stereotipo dei poliziotti americani. Tutto quello che fanno e dicono è qualcosa che il lettore ha già letto e visto. La seconda storia è ambientata a Parigi e parla della nascente storia d'amore fra un pittore e una cameriera. Anche in questo caso, niente di nuovo e niente di originale.
5.33I due capitoli sono sostanzialmente diversi. Nel primo prevale il dialogo (eccessivo) e la caratterizzazione dei personaggi non mi pare adeguata (d'altra parte, per quanto si dice nella sinossi, non si tratta dei protagonisti). Nella seconda parte, invece, la scena si sposta a Parigi e il testo pare scritto da un'altra persona. La differenza tra i due capitoli è notevole e, a mio giudizio, lascia sbigottito il lettore. C'è qualche virgola fuori posto ma, tutto sommato, l'uso della lingua è corretto, anche se indulge troppo spesso a parole 'forti'.
5.00Intreccio già sentito, troppi luoghi comuni. Diloghi da detective americani "figli di puttana". Manca originalità. Il linguaggio ed il ritmo sono invece buoni. Per gli appassionati del genere.
8.33Fin da subito si entra nella storia. Lo stile è asciutto e veloce, il racconto è ben strutturato, i personaggi e le immagini sono credibili. La prosa piena ( a volte poetica… “il pittore si era sciupato a rincorrere una sfumatura di grigio preziosa e intensa come il freddo che l’aveva intirizzito”. Oppure: “… mentre i suoi sospiri erravano sui fianchi di lei”). L’intreccio è ben costruito, la sintassi è buona – insomma, promette bene e leggerei volentieri il seguito.
6.67Il migliore degli incipit letti, lontano però dal poter essere motivo di vanto, data l’inconsistenza degli altri quattordici. Le prime pagine infatti non sono entusiasmanti, tutt’altro: quei dialoghi presi a prestito da una cattiva sceneggiatura di un brutto telefilm degli anni settanta lasciano un po’ perplessi, con l’aggravante che l’ambientazione è rischiosa e mette sulla difensiva, obbligando a considerare con occhio critico ogni riferimento. Il duro tutto di un pezzo che sbraca subito raccontando dì sé alla prima occasione è poco credibile, così come quel “dammi del tu” che nella lingua che si suppone i due parlino, non ha senso. Anche l’appostamento davanti a casa del criminale a tutto tondo è ridicolo: l’astuto ispettore per non lasciare tracce non vuota il posacenere ma resta inchiodato in macchina a fumare per otto ore filate? La parte che si svolge a Parigi va decisamente meglio (a parte il mercedi che NON vuole l’accento, controllare per favore, ci vuole così poco…), c’è qualche spunto più originale e meno cliché.
Ora smettete di ridere. E di chiedervi chi sia un giocatore equilibrato e chi un opportunista. E se hanno tutti letto la stessa cosa.
Da tutti i giudizi ho capito che i tempi narrativi dell'investigatore devono essere rivisti. Questo è uno dei pochi dati concreti. Ho dei dubbi sul linguaggio del "poliziesco": come parlavano i poliziotti negli anni '70? Come li mostrano nei film gli americani? Perché allora il linguaggio va bene, anche se è da "poliziesco di serie Z".
Veniamo poi al fatto che il poliziotto sia un cliché: è vero, ma il bello è che poi tale cliché viene rovesciato e il rovesciamento è tanto più efficace, narrativamente parlando, tanto più è cliché prima.
Veniamo all'immedesimazione del lettore: c'è chi mi dice che entra subito nella storia e chi che non riesce a farlo, chi ha ragione?
Veniamo ai giudizi, uno per uno.
1) 7.33 Il giudizio segna le critiche (assolutamente motivate) ma assegna un "buon" punteggio. Come devo giudicarlo? Non è O(pportunista) e non è S(uperficiale), quindi è E(quilibrato). Suggerisce di sistemare la voce di Tony quando diventa narratore. Si può, anzi, si deve fare.
2) 5.00 Il secondo giudizio è stupendo: nella sinossi ho scritto che il libro è un fantastico e ci sono due storie che si intrecciano: questo deve aver letto solo il primo capitolo senza nemmeno accorgersi che c'era la parte di Marvin. In sostanza qui si va oltre l'opportunismo, si tratta di boicottaggio. O(pportunista).
3) 6.00 Il terzo mi suggerisce di aumentare il ritmo della narrazione. Si può fare, benché altri notino che il ritmo è incalzante. E.
4) 8.67 Il quarto mi loda (grazie) ma attenzione alla cosa importante: gli ho reso l'idea di conoscere bene gli ambienti dove avviene la narrazione. E.
5) 7.67 I personaggi sono enigmatici e questo rende intrigante la storia. Ricordiamocelo, la storia è accattivante. E.
6) 6.67 Incuriosisce il lettore. La storia è accattivante. E.
7) 7.33 Scrittura splendida, accattivante. Alcune imprecisioni sui comportamenti di Tony che occorre registrare, e lo faremo. E.
8) 7.33 Personaggi ben caratterizzati. Una domanda da fare, però: se sembriamo padroneggiare i luoghi, come mai gli sembrano inverosimili? Se suonano inverosimili vuol dire che non li padroneggiamo. Deve accordarsi con 4). Comunque, E.
9) 5.67 Dialoghi che oscurano la vicenda, incapacità di far entrare il lettore nel mio mondo. Giudizio inconciliabile con 6), 7) e 8). Chi ha ragione? A mia opinione i tre, perché è più utile sbagliare al ribasso che al rialzo (ci si farebbe solo del male a sopravvalutare le opere altrui). Sono indeciso tra S(uperficiale) e O.
10) 9.00 Ha trovato un errore di battitura e ha segnalato la mancanza del patto col diavolo (che purtroppo arriverà dopo). Non può essere S, non può essere O, quindi è senz'altro E.
11) 4.67 Il romanzo non gli sembra interessante. Esattamente il contrario di 6), 7) e 8). Poi le due parti sono già lette. Il punto, come dice la sinossi (quale ha letto, visto che gli altri l'hanno capita?), è che le due trame inconciliabili si mischiano. E' tutto già letto nel senso che hai già letto romanzi che mischiano le due cose? Quali sono per cortesia? Oppure cosa c'è che non ha capito o non ha voluto capire? S o O?
12) 5.33 La differenza tra i capitoli è notevole. Vero, e infatti lo è anche il genere. E' che poi si mischiano. A parte la caratterizzazione da bilanciare, quali altri problemi giustificano un voto tanto basso? O, per forza.
13) 5.00 Per gli appassionati del genere? Di quale? 12) dice che c'è un netto stacco tra i generi, cosa che lui non ha notato, perché non ne accenna. Perché? Perché ha letto solo il primo capitolo e forse nemmeno la sinossi! Boicottaggio anche questo. O.
14) 8.33 Fin da subito si entra nella storia (andrebbe spiegato a 13)). Personaggi e immagini credibili. Cosa devo dedurne? E.
15) 6.67 Questo fa un'importante nota: che in inglese effettivamente si da sempre del tu. Ci sta. Come vedete, questo giudizio è credibile. Questo giudizio ha senso. Il lettore mi ha criticato, ma il voto è positivo. Il lettore non è un O, non è un S e quindi è un E. Questo giudizio, peraltro è per me emblematico. L'opera viene in parte stroncate ma il giudizio è tutto sommato positivo. Questo giudizio mi fa dubitare di tutti i giudizi negativi espressi dagli altri rendendoli assolutamente pretestuosi. L'unica giustificazione è che siano stati gli altri che ha letto, essendo orribili, ad aver reso il voto positivo. Questo significa, banalmente, che, purtroppo. ogni giudizio rischia di non essere obiettivo ma viziato anche dalle opere altrui. una scala di giudizio relativa, quindi.

Tiriamo le somme. C'è del lavoro da fare su Tony, il che darà modo a me e a Marco di rendere l'opera perfetta. L'anno prossimo, boicottaggi a parte, vinciamo noi.