giovedì 16 gennaio 2014

Credere nello scrittore?

Il mio professore di Scienza della Politica sosteneva (a ragione) che essere eletti conferisce il diritto di rappresentare ma non la capacità di farlo. Similmente, la possibilità di esprimere il proprio parere su qualcosa (e su qualsiasi cosa, da una partita di calcio a un dipinto o, in questo caso, a un'opera letteraria) non significa avere la capacità di farlo. Possedere un blog con mille, diecimila, centomila follower, allo stesso modo, non significa che la tua opinione contenuta in un post sia competente rispetto all'argomento trattato dal post.
Questa premessa era necessaria, ora veniamo all'argomento che voglio affrontare. Ho letto in rete una "critica" a un romanzo steampunk. Non al mio. Ma non è questo il punto. Il punto è che quando si legge un libro, si stabilisce un patto. Questo patto ha delle regole che devono essere rispettate, da ambo le parti, ovvero sia dallo scrittore che dal lettore. Non è un patto univoco, in sostanza.
Veniamo alle regole dello scrittore: uno scrittore ha il dovere di realizzare un'opera leggibile, verosimile, coerente (che non entri in contraddizione con sé stessa).
Anche il lettore ha dei doveri, doveri che molto spesso tende a dimenticare (o proprio ignora): il lettore deve come prima cosa aggiungere tutto ciò che manca e, per ciò che è narrato invece, deve credere allo scrittore.
Facciamo degli esempi. Io scrittore scrivo che John si addormenta tra le radici di una quercia. Prima non ho scritto che John soffre di narcolessia, non ho scritto che diluvia, che ci sono due metri di neve, eccetera, quindi io scrittore ho rispettato le mie regole. Ora il lettore deve metterci del suo: deve immaginarsi la quercia con le sue grandi fronde, eccetera, non lamentarsi perché non gli ho descritto la quercia. La quercia è una quercia (perché non ho detto altro).
E questo era un caso facile.
Vediamo ora un caso più complesso, un caso horror. Se lo scrittore dice che c'è un fantasma, c'è un fantasma. Se non specifica di cosa è fatto un fantasma, come si forma un fantasma, perché esiste un fantasma, significa che il lettore deve metterci quello che conosce sui fantasmi, non lamentarsi perché non è spiegato che cosa sia un fantasma. Perchè poi, se viene spiegato, il lettore/"critico" si lamenta dell'infodump (una pratica che i "critici" ritengono molesta - e ho scritto "critico" tra virgolette perché la mia opinione circa questa pratica è sintetizzata dal primo paragrafo: il fatto che si possa criticare qualcosa su un blog non conferisce la capacità di farlo). Ancora, mio caro lettore, non puoi lamentarti del fatto che lo scrittore non possa usare un fantasma perché i fantasmi non esistono: è un horror. hai notato a cosa servono i generi? Abbiamo detto che è un horror, non un romanzo storico: sarebbe come lamentarsi di un romanzo di fantascienza perché tratta fatti non ancora accaduti e quindi falsi.
Fantascienza, appena citata. L'astronave fa un balzo interstellare di parecchi anni-luce. Lo fa, non è che devo farti una spiegazione di come avviene il balzo a livello quantistico, lo fa e basta.
Fantasy, adesso. Non devo scrivere un trattato di antropologia per spiegarti come l'evoluzione darwiniana ha selezionato la razza degli elfi. Sono alti, con le orecchie a punta, esperti di magia, un po' tutti filosofi. Se in un'altra opera, di un altro autore, gli elfi sono definiti diversamente, ebbene non sono i miei. Non puoi contestare che da quell'altra parte vengono usati in modo diverso e quindi io sbaglio a descriverli. Sono i miei, punto.
Continuo, difficoltà crescente. Steampunk. Lo steampunk è retrofuturismo ambientato in epoca vittoria. Non è l'epoca vittoriana. Valgono gli schemi sociali Vittoriani, ovvio, ma quanto valgono? Come affermato in precedenza, gli schemi "classici" (o meglio lo standard: la quercia per intenderci) valgono sino al punto in cui l'autore non li ridefinisce. Esempio. Nella società vittoriana esisteva una cristallizzata etichetta per le presentazioni. Un cittadino altolocato non poteva essere salutato o rispondere al saluto di uno ritenuto inferiore se prima non veniva appositamente presentato. Questa convenzione però era valida nella società vittoriana, quella vera. Se in uno steampunk l'autore in tutte le presentazioni non segue questa pratica, ha sbagliato? Se stesse scrivendo un romanzo storico ne convengo. Ma quello di cui parliamo non è un romanzo storico, è uno steampunk, ucronico/distopico per definizione. Se le persone si salutano senza etichetta vuol dire che l'etichetta non esiste. E tale assenza, essendo mostrata dallo scrittore, non implica che egli debba per forza spiegarlo al lettore durante la narrazione: lo mostra, cosa vuole il lettore, una parentesi del tipo:

Jack si presentò a John con una vigorosa stretta di mano (perché in questo romanzo la società vittoriana è ucronica e non esiste l'etichetta come in quella originale).

Cioè, caro "critico"/lettore, questo volete? Volete le postille? Volete le note a piè di pagina? Volete spiegata ogni cosa? C'è una gigantesca aeromobile a vapore costituita da un dirigibile che contiene minuscoli aeroplani: in epoca vittoriana non esistevano quindi è un errore? Mi scappa da ridere.
Torniamo al patto di cui ho parlato all'inizio. Lo scrittore e il lettore devono rispettare questo patto. Il lettore ci deve mettere del suo quando non è lo scrittore a specificare. Se lo scrittore scrive, che so, che nel suo romanzo fantasy i draghi hanno otto braccia, il lettore non può lamentarsi che è sbagliato perché i draghi non hanno otto braccia. I draghi di quel mondo hanno otto braccia, te lo mostra lo scrittore, cosa vuoi di più? E tutte le volte che lo scrittore fa agire o parla di un drago, ricorda che ha otto braccia, cioè non entra in contraddizione. Tu, lettore/"critico", perché non gli credi?
Sapete perché il lettore/"critico" non crede? Perché, così come non ci si può improvvisare scrittori, non ci si pò improvvisare lettori o "critici". Non si è capaci di leggere perché il cervello riconosce le lettere, le parole, le frasi. Si è capaci di leggere se si vede il romanzo che c'è dietro il libro (si legga, al riguardo, il mio precedente post), non se si riconoscono le parole.
Così come è pieno di scrittori improvvisati, così è pieno di "critici" e lettori improvvisati.
Non è che molti lettori o "critici" sono in realtà individui che ambiscono a scrivere? Non è che leggono un romanzo non rispettando le regole del lettore ma lo leggono pensandosi scrittori e percepiscono come errori tutto ciò che essi avessero fatto diversamente? Se ci sono errori si evidenziano, ci mancherebbe, ma non si "inventano" errori per aumentare le battute del post e il seguito di lettori.
Si, perché la "critica" vive nel paradosso: meno la critica è costruttiva e più è feroce, più viene apprezzata. Quindi, qualsiasi critica verrà percepita più "vera" quanto più sarà spietata. Anche questo post, che in sostanza, non è altro che una critica alla critica.
Un saluto