mercoledì 26 marzo 2014

Qualche piccola novità

Quest'anno andrò al Salone del libro di Torino, un po' per rivedere di persona Mauro di Dunwich e per parlare con lui dei progetti futuri, un po' perché sabato 9 alle 15 presento il romanzo steampunk Ultima - La città delle contrade scritto da Carlo Vincenzi, cui ho curato l'introduzione. Sarà una bella occasione per parlare un poco di Spaghetti Steampunk e di come in Italia si scriva di fantastico senza dover invidiare nessuno. A Torino.
Nel frattempo ho spedito Tirseno alla S.P.E.C.T.R.E., un gruppo di lettori che valuta inediti con l'intento di fornire informazioni agli autori per migliorare i loro scritti. Ho ricevuto importanti informazioni che mi permetteranno di migliorare Tirseno ancora in un paio di punti (in alcuni colpi di scena e sui profili di alcuni personaggi). Poi sarà finito per davvero e vedremo che sorte subirà.
A presto.

venerdì 7 marzo 2014

La citta di Acri, il Regno di Cesse e il sultano Babi

Quella che vi narro è una leggenda del popolo Cananeo, o per lo meno, per tale viene spacciata da chi me l'ha raccontata. Come egli fece con me, io faccio con voi.
La storia che vi voglio narrare è ambientata tanto tempo fa, in quel crogiolo di popoli che fu la mezzaluna fertile. Questa storia narra le vicende della città operosa e felice di Acri. Questa città vedeva i suoi abitanti produrre armi complesse ed efficaci per il tempo che avevano permesso ad Acri di mantenersi libera dalle conquiste e prospera. Gli abitanti erano tanto affaccendati ed efficienti che avevano smesso di occuparsi delle questioni della loro città per dedicarsi ai propri mestieri e avevano conferito a un consiglio di capitani del popolo il compito di amministrarli.
Un brutto giorno il sultano Babi convocò il re di Cesse, suo vassallo, per informarlo di come gli fossero giunte voci di movimenti di popoli nomadi che, dalle terre ancora più a oriente, minacciavano di invadere le terre di Cesse prima e quelle del sultano poi. Visto l'amore cavalleresco che li univa, il sultano di Babi decise di aiutare il re di Cesse ma, nonostante il gran numero di soldati, c'era la possibilità che il regno di Cesse sarebbe caduto. Anche il regno di Cesse produceva armi ma lance e spade e scudi erano di gran lunga inferiori a quelli a disposizioni dei nomadi.
- Come farò allora? - domandò il re di Cesse.
- Conquista Acri - gli suggerì il sultano - gli uomini di quella città producono armi molto migliori di quelle fatte dai tuoi schiavi e potrai farli schiavi a loro volta e mandarli a combattere contro i barbari.
- Ma come faccio a conquistare una città che ha armi più potenti? - si lamentò il re di Cesse.
- Hai molto oro, usalo.
- Ma con l'oro non si fanno armi potenti.
- Usa l'oro per corrompere i capitani del popolo di Acri, sciocco! Così essi ti consegneranno la città senza colpo ferire.
E così fu. Il re di Cesse mandò degli emissari, riempì d'oro i capitani di Acri che gli aprirono le porte consegnandogli la città e mantennero il potere come valvassori di Cesse e del sultano Babi. L'invasione dei nomadi fu arginata al prezzo della vita e della libertà di Acri ma Cesse visse altri lunghi lustri di splendore.
La morale di questa favola potrebbe essere riassunta nel fatto che l'oro arriva dove non arriva l'acciaio oppure nel fatto che ogni uomo libero rimane tale finché cura i propri affari e non li delega ma la storia non finisce qui.
La storia che mi è stata narrata giunge da fonti cananee e ho approfondito l'argomento. I cananei l'hanno ereditata dai mitanni e dagli ittiti, e questi dagli assiri, che a loro volta l'hanno sentita dai babilonesi che, infine, l'hanno appresa dai sumeri. E la storia che scrissero i sumeri non termina qui, ma continua, anche se per molto poco. La storia sumera narra che un giovane di Acri non accettò ciò che era successo e che non si piegò agli accaduti. Questo giovane, privo di legami ma colmo di coraggio e sdegno, decise di immolare la propria vita alla Dea della Vendetta e iniziò a trovare e macellare i capitani del popolo che avevano venduto la città. Uno a uno caddero tutti, loro e le loro famiglie, trucidati dall'ira del vendicatore. Il re di Cesse fu trovato avvelenato e il sultano Babi perì durante una battuta di caccia, trafitto da una freccia. Questa aggiunta non cambia l'esito della storia, ma ne altera la morale: basta un uomo solo a raddrizzare i torti.
Si capisce come i popoli che ereditarono la storia, dai babilonesi in poi, e tutti con forme politiche più vicine agli imperi che alla federazione di città-stato come i sumeri, alterarono la storia per nascondere il vero finale: i pastori non vogliono che gli agnelli sappiano che possono mutare in lupi...