venerdì 4 giugno 2010

Mail da un amico V

[…] Avrei dovuto darti ascolto. Credevo di avere il controllo su di lui ma mi sbagliavo. La notte del 28 maggio ho sentito Warren [il vicino di Donald] che urlava. Si è trattato di una serie di grida improvvise e ravvicinate che ha buttato giù dal letto tutto il vicinato: le sue urla sono via via diminuite di intensità, come se qualcuno gli stesse succhiando la forza. Credo che tutta Fort William si sia svegliata, ma nessuno ha osato mettere il naso fuori dalla porta finché la voce di Warren non ci ha abbandonati, affogando in un limaccioso silenzio. A quel punto mi sono fiondato in giardino con una torcia elettrica, la pelle d’oca e i peli ritti come stuzzicadenti [il paragone è mio, in Scozia non usano gli stuzzicadenti]. Quando puntai la torcia verso la casa del mio vicino, vidi sua moglie uscire sul portico, gridare e svenire: era avvolta dal fascio di luce del salotto, l’occhio di un faro che scrutava nelle tenebre, indossava una vestaglia bianca e si è afflosciata a terra come i lenzuoli quando il vento li strappa dagli stenditoi.

Ho mosso la torcia illuminando tutto e niente sino a quando non ho visto quel che rimaneva di Warren. Era vicino a un bel cespuglio di rose rosse; ed era vicino al dondolo di vimini; e sul vialetto, sulle scale della veranda, sulle pareti della casa. Del mio vicino non rimanevano che bianchi cilindri spolpati e scheggiati da denti piccoli, durissimi e voraci; la mattina successiva la polizia ha scoperto che l’assassino aveva usato la scatola cranica come pitale.

Forse non gli ho dato abbastanza da mangiare al mio ospite. O forse non avrei dovuto lasciare accanto alla ciotola dell’acqua un bicchierino di Oban invecchiato dodici anni. Oppure l’intruso sta cercando di sistemare i miei problemi. Tutti i miei problemi.

God Saves The Queen [questo non l’ho tradotto].

So che hai una fervida fantasia e che addirittura conosci meglio di me le leggende delle mie terre: se hai altri suggerimenti da darmi, ebbene questo è il momento per farli.

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